Mese: Febbraio 2020
Fisco – Omessa contabilizzazione: la responsabilità professionale del commercialista
Fisco – Omessa contabilizzazione: la responsabilità professionale del commercialista
Omessa contabilizzazione e mancata dichiarazione dei ricavi, di chi è la responsabilità, del commercialista o della società? Vediamo quanto stabilito in merito dalla stessa Corte di Cassazione.
La responsabilità professionale del commercialista
La Corte di Cassazione esclude la responsabilità del commercialista per anomalie nella tenuta delle scritture contabili se la società non prova di aver consegnato i documenti.
Con l’Ordinanza del 12 dicembre 2019, la Corte di Cassazione ha infatti affermato che il commercialista non è responsabile per omessa contabilizzazione e mancata dichiarazione dei ricavi, nel caso in cui la società, condannata al pagamento delle sanzioni a seguito dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, non sia in grado di provare in giudizio di aver consegnato al professionista i documenti contabili.
Nel caso oggetto di discussione presso il Tribunale e la Corte d’Appello in secondo grado,i legali rappresentanti di una società e la società stessa sono stati condannati al pagamento della somma di euro 474 mila, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate in seguito ad un accertamento svolto dallo stesso ente. I giudici hanno respinto la domanda degli amministratori e della società di risarcimento dei danni per responsabilità professionale del commercialista , in quanto quest’ultimo non avrebbe tenuto correttamente le scritture contabili e le relative registrazioni
La Corte di Cassazione ha però ha rigettato il ricorso in quanto i ricorrenti non sono stati in grado di dimostrare di aver consegnato la documentazione al commercialista. In secondo luogo non spetta al commercialista il compito di provare elementi utili per contestare gli addebiti dell’Agenzia delle Entrate. Per finire, i clienti avrebbero dovuto almeno indicare il contenuto e l’ampiezza del mandato conferito. Detto tutto ciò, quindi, è facile intuire che il commercialista non è tenuto al risarcimento del danno nei confronti della società e degli amministratori per omessa contabilizzazione dei documenti per i venga fornita la prova della consegna.
Contabilità Fiscale – Busta paga dipendente: come fare la rilevazione contabile
Contabilità – Busta paga dipendente: come fare la rilevazione contabile
Ogni azienda, grande o piccola che sia, si ritrova ogni mese a fare i conti con la registrazione in partita doppia delle buste paga consegnate ai lavoratori dipendenti. Ma come funziona? Entriamo nei dettagli e scopriamolo assieme!
Rilevazione contabile della busta paga
La rilevazione contabile della busta paga comporta una movimentazione del conto economico, con una componente di reddito negativa, ovvero il costo del lavoro, ma anche i costi inerenti all’INPS, INAIL, IRPEF e agli eventuali assegni familiari e trattenute sindacali. Entriamo quindi nei dettagli e vediamo di seguito le scritture contabili relative alla retribuzione dei dipendenti. A tal proposito ricordiamo che le prime scritture devono essere fatte ogni mese una volta conclusa l’elaborazione degli stipendi mensili; mentre le seconde nel momento stesso in cui si effettua il pagamento.
Registrazione busta paga
- Retribuzione mensile
Salari e stipendi Dare
Dipendenti c/retribuzioni Avere
- Inps carico dipendente
Dipendenti c/retribuzioni Dare
Enti prev. e assisten. Avere
- Inps carico azienda
Contributi inps Dare
Enti previdenziali e assistenziali Avere
- Trattenuta. Fiscale
Dipend. c/retribuzioni Dare
Erario c/rit.lav.dipendenti Avere
- Assegni familiari
Enti prev. e assistenziali Dare
Dip. c/retribuzioni Avere
- Trattenute sindacali
Dip. c/retribuzioni Dare
Trattenute sindacali Avere
Registrazione pagamento busta paga
I conti appena evidenziati devono poi essere riaperti e chiusi effettuando altre registrazioni inerenti il momento del pagamento dello stipendio, ma anche del pagamento di INPS, IRPEF e trattenute previdenziali.
- Pagamento retribuzione
Dipend. c/retribuzioni Dare
Banca e/o Cassa Avere
Pagamento dei contributi e dell’IRPEF con Modello F24
- Pagamento INPS
Enti previdenziali e assistenziali Dare
Banca c/c Avere
- Pagamento IRPEF
Erario c/lavoratori dipendenti Dare
Banca c/c Avere
- Pagamento delle trattenute sindacali:
Trattenute sindacali Dare
Banca e/o cassa Avere
Contabilità Fiscale- Autoliquidazione premio Inail: come fare le scritture contabili
Contabilità – Autoliquidazione premio Inail: come fare le scritture contabili
L’INAIL, Istituto Nazionale Assicurazioni infortuni sul Lavoro, gestisce l’assicurazione sia contro gli infortuni sul lavoro che sulle malattie professionali. Ma come si effettua la registrazione contabile delle operazioni con l’Inail? Entriamo nei dettagli e scopriamolo assieme!
Autoliquidazione premio Inail
Come ben saprete, il premio assicurativo è interamente a carico del datore di lavoro e deve essere calcolato con le modalità dell’autoliquidazione di un acconto e di un saldo. Le aziende, quindi, devono provvedere ogni anno al calcolo dell’autoliquidazione e alla relativa registrazione contabile.
In tal senso bisogna ricordare che il calcolo dell’importo del premio INAIL dipende dal rischio specifico che grava sulle singole attività lavorative e pertanto fa riferimento ad apposite tariffe che indicano i tassi di premio da applicare sulle retribuzioni lorde dei dipendenti.
Nel corso del primo esercizio di attività dell’impresa, il premio Inail viene determinato in base alle retribuzioni presunte. Negli esercizi successivi di attività dell’impresa, l’azienda deve provvedere entro il 16 febbraio ad una autoliquidazione del premio anticipato per l’anno in corso, applicando il tasso di premio sulle retribuzioni erogate nell’anno precedente. Deve inoltre provvedere alla determinazione del conguaglio inerente l’anno precedente in base alle retribuzioni effettivamente corrisposte.
A proposito del conguaglio relativo al precedente anno, essendo versato il 16 febbraio, ma di competenza dell’esercizio precedente, bisogna fare una scrittura di assestamento al 31/12 in modo tale da imputare il relativo costo di competenza. Il conguaglio, inoltre, può risultare a credito, qualora l’acconto versato risulti superiore all’importo effettivamente dovuto.
Il versamento dei premi deve essere effettuato con modello F24 in un’unica soluzione il 16/2 o in quattro rate con scadenze 16 febbraio, 16 maggio, 16 agosto e 16 novembre, con maggiorazioni dovuti agli interessi.
Soffermandoci sulle scritture contabili, quindi, bisogna procedere nel seguente modo:
- 16/2/n1 si calcolare e registrare un acconto di premio sulle retribuzioni dell’anno precedente.
- 31/12/n1 si deve calcolare e registrare il premio INAIL di competenza calcolato sulle retribuzioni effettive dell’anno n1.
- 16/2/n2 si provvede al versamento del conguaglio dell’anno n1 e l’acconto dell’anno n2.
INAIL a debito
Entriamo quindi nei dettagli e vediamo in pratica come effettuare le scritture contabili in presenza di una situazione di INAIL a debito.
- 16/2/n1 pagamento dell’acconto del premio INAIL
Inail c/acconto Dare
Banca c/c Avere
- 31/12/n1 scritture di assestamento, provvedendo al calcolo del premio Inail definitivo di competenza dell’anno n1
Oneri sociali Inail Dare
Inail c/contributi Avere
Inail c/acconto Avere
- 16/2/n2 saldo del premio Inail dell’anno n1 e acconto per anno n2
Inail c/contributi Dare
Inail c/acconto Dare
Banca c/c Avere
INAIL a credito
Per finire, entriamo nei dettagli e vediamo in pratica come effettuare le scritture contabili in presenza di una situazione di INAIL a credito
- 16/2/n1 pagamento dell’acconto del premio INAIL
Inail c/acconto Dare
Banca c/c Avere
- 31/12/n1 scritture di assestamento, calcolo del premio Inail definitivo di competenza dell’anno n1
Oneri sociali Inail Dare
Inail c/contributi Dare
Inail c/acconto Avere
- 16/2/n2 saldo del premio Inail dell’anno n1 e acconto n2
Inail c/acconto Dare
Inail c/contributi Avere
Banca c/c Avere
Contabilità Fiscale – Fattura elettronica: operazioni con l’estero ed elenchi INTRA
Contabilità Fiscale – Fattura elettronica: operazioni con l’estero ed elenchi INTRA
Tra le principali novità del 2019, in molti continuano ad avere ancora oggi dubbi in merito al funzionamento della fattura elettronica. Proprio per questo motivo nel mese di luglio l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul proprio sito più di 80 FAQ su tale argomento e alcune domande riguardavano le operazioni con l’estero, per le quali, ricordiamo, l’emissione della fattura in formato elettronica è facoltativa ed evita la comunicazione del cosiddetto esterometro.
Fatturazione elettronica ed operazioni con l’estero
Grazie alla FAQ numero 77, è stato chiesto all’Agenzia delle Entrate se per le operazioni verso soggetti comunitari l’emissione facoltativa della fattura elettronica e l’invio allo SdI con codice destinatario 7 volte X, oltre ad evitare l’indicazione dei dati dell’operazione nell’esterometro, porti anche ad ottenere l’esonero dell’indicazione di tale operazione negli elenchi Intrastat.
Ebbene, la risposta dell’Agenzia delle Entrate è stata negativa. Come chiarito dalla stessa amministrazione, infatti, scegliere di trasmettere la fattura elettronica con il codice destinatario XXXXXXX consente di evitare l’invio, per quella fattura, della comunicazione “esterometro” ma non l’invio dei modelli INTRA. Restano comunque in valide le semplificazioni previste dalle disposizioni del provvedimento del 25 settembre 2017 sui modelli INTRA2.
Con la FAQ 121, invece, è stato chiesto come operare in caso di cessione di beni verso paesi dell’UE. La società che ha posto il quesito, infatti, trasmette già il modello INTRA2 e ha chiesto se in tale circostanza è esonerata dal trasmettere allo SDI la fattura di cessione intra. Anche in questo caso la risposta dell’Agenzia delle Entrate è stata negativa. La società, infatti, deve provvedere all’invio della comunicazione dei dati delle fatture transfrontaliere o la fattura elettronica con XXXXXXX in corrispondenza del Codice destinatario.
Per finire, attraverso la FAQ 122 si sono chiariti i dubbi in merito agli acquisti intracomunitari di una società che effettua l’integrazione delle fatture ricevute, le contabilizza con il metodo del reverse charge e provveda poi a trasmettere all’amministrazione il modello INTRA1.Come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate, in questo caso i dati delle fatture d’acquisto intracomunitari e devono essere trasmessi attraverso la comunicazione dati fattura transfrontaliere, ovvero il cosiddetto esterometro.
FISCO – ISA: ecco le cause di esclusione
FISCO – ISA: ecco le cause di esclusione
Grazie alla circolare numero 20 del 9 settembre 2019, l’Agenzia Delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in merito a quelle che sono le cause di esclusione dagli ISA.
In particolare, dovete sapere che l’esclusione ISA vige per l’anno di inizio attività, mentre dall’anno successivo l’esclusione richiede altre motivazioni. Ecco quindi di seguito i casi ammessi nell’interpello Agenzia delle Entrate.
Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Di regola, ai fini dell’esonero dall’applicazione degli ISA, l’inizio attività è quello in cui l’impresa comunica all’amministrazione finanziaria la relativa dichiarazione. Tuttavia è possibile non applicare gli indici di affidabilità fiscale anche negli anni successivi, a patto che vi siano validi motivi, ovvero la società si trovi in un periodo di “non normale svolgimento dell’attività”.
Chiarimenti in merito sono stati forniti dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello 479/2019. Nel caso in questione, una società ha aperto l’attività nel dicembre 2017, presentando la richiesta di attribuzione partita IVA, e in seguito, nel gennaio 2018 ha effettuato l’iscrizione nel registro imprese, iniziando quindi l’attività nello stesso mese. Ebbene, gli ISA non si applicano nel periodo di imposta nel quale il contribuente ha iniziato l’attività oppure non si trova in un periodo di normale svolgimento della stessa.
Nel campo “Anno d’inizio attività” deve essere inserito ’anno in cui è stata effettuata “la relativa dichiarazione di inizio dell’attività all’Amministrazione Finanziaria“. Nel caso in esame, tale comunicazione è stata presentata nel dicembre del 2017 e pertanto l’esclusione dagli ISA per inizio attività concerne il 2017.
Se la società desidera applicare l’esclusione anche nell’anno successivo, allora deve trovarsi in uno dei casi di esclusione. Vediamo assieme di quali si tratta.
Cause esclusione ISA
Tra le cause che portano all’esclusione ISA si annoverano:
- periodo in cui l’impresa non ha ancora iniziato l’attività produttiva prevista dall’oggetto sociale, ad esempio perché la costruzione dell’impianto da utilizzare si è protratta oltre il primo periodo d’imposta, per cause indipendenti dalla volontà dell’imprenditore;
- non sono state rilasciate le autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento dell’attività;
- si svolge esclusivamente un’attività di ricerca propedeutica allo svolgimento dell’attività produttiva di beni e servizi, a patto che l’attività di ricerca non permetta la produzione di beni e servizi e quindi la realizzazione di proventi.
In particolare, soffermandoci su società cooperative a mutualità prevalente, vi interesserà sapere che in base al DM di approvazione degli ISA del 23 marzo e 28 dicembre 2018 è prevista l’esclusione degli ISA se fanno riferimento alle cooperative di imprese ed a quelle di utenti che non operano per conto terzi e che non seguono le ordinarie regole di mercato, oppure operano in presenza di attività svolte esclusivamente a favore dei soci o associati e degli utenti. Per quanto concerne, invece, le società cooperative a mutualità prevalente, ma non esclusiva, non è prevista nessuna causa di esclusione.
Nel caso in cui un’azienda dia in affitto l’unica azienda per un lasso di tempo più o meno lungo, si configura una situazione di non normale svolgimento dell’attività in tutti i periodi d’imposta in cui l’azienda rimane in affitto. Durante questo periodo, quindi, non vengono applicati gli ISA.
Tra le altre casistiche da considerare, vi è quella della cessazione dell’attività prevalente. Ebbene, la modifica in corso d’anno dell’attività esercitata viene considerata causa di esclusione dall’applicazione degli ISA soltanto se le due attività, quella prevalente cessata e quella che continua ad essere esercitata, non sono contraddistinte da codici attività compresi nello stesso ISA.
Per finire, ricordiamo che non vengono applicati gli ISA nei confronti dei contribuenti che si avvalgono del regime forfettario agevolato, ovvero del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e che determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfetari.
FISCO – Le lezioni di scuola guida? Non sono esenti Iva
FISCO – Le lezioni di scuola guida? Non sono esenti Iva
Importanti novità quelle che emergono da una sentenza del 14 marzo 2019 della Corte di giustizia UE, grazie alla quale è stata stabilita la non equivalenza delle lezioni di guida con l’insegnamento scolastico o universitario.
Le lezioni di scuola guida non sono esenti Iva
Così come si evince dalla sentenza del 14 marzo 2019 della Corte di giustizia UE, l’esenzione riguarda solo l’insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale e le lezioni impartite da insegnanti a titolo personale Non sono esenti Iva, invece, le fatture per le lezioni automobilistiche impartite dalla scuola guida. Questo, in pratica, è il contenuto della risoluzione n. 79/E del 2 settembre 2019.
La Corte di giustizia Ue si è pronunciata sulla corretta interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, della Direttiva Ce del 28 novembre 2006, n. 112 inerente alle esenzioni in materia di Iva. In particolare è stato stabilito che tale esenzione riguarda le “operazioni relative all’educazione dell’infanzia e della gioventù, all’insegnamento scolastico e universitario, nonché le operazioni relative alla formazione e alla riqualificazione professionale, comprese le lezioni private, impartite da insegnanti”. È quindi facile dedurre che l’esenzione Iva non si applica alle lezioni di scuola guida, in quanto si tratta di una forma di insegnamento che non rientra in quelle di ambito scolastico oppure universitario.
A tal proposito ricordiamo che l’Agenzia delle entrate fa presente che l’articolo 132, paragrafo 1 della Direttiva Ce del 28 novembre 2006 individua tra le operazioni che gli Stati membri esentano dall’Iva:
- “l’educazione dell’infanzia o della gioventù, l’insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale, nonché le prestazioni di servizi e le cessioni di beni con essi strettamente connesse, effettuate da enti di diritto pubblico aventi lo stesso scopo o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi finalità simili”
- “le lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all’insegnamento scolastico e universitario”.
Secondo i giudici unionali, quindi, l’insegnamento della guida automobilistica, pur riguardando diverse conoscenze di ordine pratico e teorico, non è equivalente alla nozione di “insegnamento scolastico o universitario”, pertanto non è esente Iva.
FISCO – Dichiarazione dei redditi: come calcolare l’acconto IRPEF e addizionali
FISCO – Dichiarazione dei redditi: come calcolare l’acconto IRPEF e addizionali
Entro il 2 dicembre avete sicuramente provveduto a versare gli acconti Irpef e addizionali. Ma vi siete mai chiesti come vengono calcolati? Bene, oggi lo vedremo assieme.
Acconto IRPEF e addizionali
Entro i termini previsti per il saldo, i contribuenti sono tenuti a versare anche la prima rata dell’acconto Irpef, Ires e Irap. La seconda rata viene poi versata a novembre. Per determinare l’acconto è possibile utilizzare due metodi:
- metodo storico. L’acconto è determinato in base all’importo evidenziato al rigo: “Differenza” o “Ires dovuta o differenza a favore del contribuente” del quadro RN del modello Redditi; “Totale imposta” del quadro IR del modello IRAP.
- metodo previsionale. L’acconto è determinato sulla base di una stima del reddito che si presume di conseguire nel corso dell’anno. Questo avviene in genere quando si pensa di conseguire un reddito inferiore rispetto a quello realizzato nell’anno precedente.. L’utilizzo di questo metodo deve essere comunque utilizzato con particolare attenzione in quanto, nel caso in cui la previsione risultasse errata, verrà applicata una sanzione per insufficiente versamento, pari al 30%, fermo restando la possibilità di regolarizzare spontaneamente il versamento attraverso l’istituto del ravvedimento operoso.
Con l’utilizzo del metodo storico, l’ammontare dell’acconto Irpef deve essere pari al 100% dell’importo esposto nel rigo RN 34 – rigo differenza – del modello Redditi PF. Il versamento deve essere effettuato in un’unica soluzione, oppure in due rate.
L’ammontare dell’acconto deve essere riportato anche nel quadro “Acconto” del modello Redditi Persone Fisiche.
In particolare ricordiamo che in caso di utilizzo del metodo previsionale, nel rigo RN 62 deve essere comunque indicato l’acconto dovuto applicando il metodo storico, e non i minori importi versati o che si intendono versare. L’acconto dell’Addizionale Comunale all’Irpef, quindi, si calcola come differenza tra il 30% dell’ammontare complessivo dell’addizionale prevista dal comune ove risiede il contribuente e quanto eventualmente trattenuto dal datore di lavoro/ente pensionistico a titolo di acconto, così come risulta al rigo RC10 campo 5.
Contabilità – Trasmissione telematica dei corrispettivi: ecco cosa fare in presenza di un reso
Contabilità – Trasmissione telematica dei corrispettivi: ecco cosa fare in presenza di un reso
Della trasmissione telematica dei corrispettivi abbiamo già ampiamente discusso in altri articoli. Tuttavia vi sono sempre dei piccoli dubbi che meritano di avere risposta e proprio per questo motivo oggi vedremo come funziona in presenza di un reso.
Trasmissione telematica dei corrispettivi e reso
Grazie al principio di diritto numero 21/2019, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi in presenza di un reso.
Ebbene, dovete sapere che generalmente i soggetti che effettuano le operazioni di commercio al minuto e i soggetti ad essi assimilati, dal 1°gennaio 2020 devono procedere alla memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni. Tale nuovo obbligo è stato anticipato al 1° luglio 2019 per coloro che hanno un volume d’affari superiore a 400.000 euro all’anno.
La memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica, infatti, vanno a sostituire la modalità di assolvimento dell’obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi mediante il rilascio di scontrino o ricevuta fiscali. In particolare, eccetto i casi di esonero della sua emissione, occorrerò rilasciare al cliente un documento commerciale al posto dello scontrino o ricevuta fiscale tranne nel caso in cui venga richiesta espressamente la fattura.
A tal proposito è bene ricordare che la procedura di reso deve presentare tutti quegli elementi che permettono la correlazione tra la restituzione del bene ai documenti probanti l’acquisto originario. Tra questi si annoverano:
- generalità del soggetto acquirente;
- ammontare del prezzo rimborsato;
- dati di riferimento del documento certificativo dell’operazione originaria;
- numero di identificazione attribuito alla pratica di reso, che deve essere riportato su ogni documento emesso per certificare il relativo rimborso.
A tutto ciò bisogna aggiungere le scritture ausiliarie di magazzino che, se correttamente tenute, facilitano il riconoscimento della movimentazione fisica del bene reinserito nel processo di vendita. .
FISCO – Cedolare secca negozi: cosa succede in caso di subentro?
FISCO – Cedolare secca negozi: cosa succede in caso di subentro?
Cosa succede in caso di subentro in un negozio? La cedolare secca per gli affitti commerciali può essere applicata oppure no? Entriamo nei dettagli e scopriamo assieme quanto chiarito in merito dall’Agenzia delle Entrate.
Cedolare secca negozi e subentro
Grazie alla risposta all’interpello numero 364 del 30 agosto 2019, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che in caso di subentro nel contratto da parte di una nuovo conduttore, non è possibile applicare la cedolare secca.
In particolare, nell’interpello in questione, il proprietario di un immobile commerciale, classificato catastalmente C/1, ha stipulato un contratto di locazione nel 2014, con durata 6 + 6 anni. In seguito la società titolare del contratto di locazione ha deciso di concedere in affitto l’azienda ad una SRL unipersonale. La domanda dell’istante, quindi, è se, visto il cambiamento del locatario, sia possibile applicare il regime di tassazione della cedolare secca ai redditi derivanti dalla locazione dell’immobile con decorrenza a partire dalla data di subentro del nuovo affittuario.
Ebbene, come già chiarito, l’Agenzia delle Entrate ha risposto che la cedolare secca non può essere applicata ai contratti già in essere al 15 ottobre 2018 che non siano arrivati a naturale scadenza, nemmeno in caso di subentro di un nuovo locatario.
L’Agenzia ha quindi citato l’articolo 1 della Legge Bilancio 2019, grazie al quale si è estesa la portata applicativa del regime della cedolare secca. In seguito alla Legge di Bilancio 2019, infatti, la cedolare secca può essere applicata ai canoni derivanti dalla stipula dei contratti di locazione sottoscritti nel 2019, riguardanti immobili destinati all’uso commerciale classificati nella categoria catastale C/1. Ricordiamo poi un’eccezione. Non è possibile, infatti, applicare la cedolare secca ai contratti stipulati nell’anno 2019 nel caso in cui alla data del 15 ottobre 2018 ci sia un contratto in corso tra gli stessi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto prima della scadenza naturale dello stesso.
Contabilità – Ammortamento dei beni temporaneamente inutilizzati: ecco quanto stabilito dalla Cassazione
Contabilità – Ammortamento dei beni temporaneamente inutilizzati: ecco quanto stabilito dalla Cassazione
L’ammortamento è una tecnica contabile che permette di ripartire su più esercizi il costo dei beni ad utilizzo durevole. Ma come funziona in presenza di beni temporaneamente inutilizzati per via di una sospensione momentanea dell’attività produttiva? Entriamo nei dettagli e scopriamolo assieme!
Ammortamento dei beni temporaneamente inutilizzati
La disciplina fiscale dell’ammortamento si rinviene nell’articolo 102 del TUIR. In base a quest’ultimo le quote di ammortamento dei beni materiali strumentali sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene. La deduzione degli ammortamenti è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione dei coefficienti stabiliti con D.M., ridotti alla metà per il primo esercizio. Se vengono eliminati dal processo produttivo dei beni non ancora completamente ammortizzati, inoltre, il costo residuo è ammesso in deduzione.
Cosa succede, però, se il bene strumentale non può essere utilizzato nell’ambito dell’attività dell’impresa per un certo periodo di tempo? Ebbene, in base a quanto si evince dall’ordinanza numero 9252 del 3.04.2019 della Corte di Cassazione, l’ammortamento prosegue anche in una situazione di questo tipo. A tal proposito si fa riferimento al documento OIC 16, in base al quale “il costo delle immobilizzazioni materiali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione” e “l’ammortamento è calcolato anche sui cespiti temporaneamente non utilizzati”.
La Corte di Cassazione ha inoltre sottolineato che la determinazione della base imponibile delle società di capitali fa riferimento al principio di derivazione dal bilancio, ai sensi dell’articolo 83 TUIR. Pertanto viene redatto in conformità al codice civile e ai principi contabili nazionali. L’articolo 102 del TUIR, inoltre, non sancisce l’interruzione dell’ammortamento in presenza di una sospensione momentanea dell’attività produttiva.
Questo principio si applica anche in presenza di una situazione di sequestro amministrativo. Anche in questa circostanza, infatti, la quota d’ammortamento di un bene rientra a pieno titolo nell’ammortamento. Il bene in questione, anche se non utilizzabile da parte della società, rappresenta un costo fiscalmente deducibile per il solo fatto che esiste un’intrinseca e potenziale capacità produttiva del bene stesso.