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Categoria: Fisco

Contabilità Fisco

Depositi fiscali IVA: registrazione delle operazioni di vendita

Andrea La Martina / 11 Marzo 2020

I depositi fiscali IVA sono stati introdotti in Italia con l’art. 50-bis del DL 331/1993, convertito con modificazioni con la Legge n. 427 del 29 ottobre 1993: a decorrere dal 1° aprile 2017 sono entrate in vigore le novità previste dall’art. 4 del DL 193/2016, convertito in Legge n. 225/2016.

Un deposito IVA è un luogo fisico, situato all’interno del territorio italiano, nel quale la merce non destinata alla vendita al minuto nei locali dei depositi medesimi, è introdotta, sosta ed esce e può beneficiare di determinate “agevolazioni” dal punto di vista IVA.

Il deposito IVA ha come obiettivo il differimento del pagamento dell’IVA, in quanto l’assolvimento della stessa non si ha nel momento in cui i beni sono introdotti nel deposito ma nel momento in cui vengono estratti (e non sempre).

Sono effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le seguenti operazioni:

  • gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito IVA;
  • le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA previa prestazione di idonea garanzia commisurata all’imposta;
  • le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito IVA;
  • le cessioni di beni custoditi in un deposito IVA;
  • le cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito IVA con spedizione in un altro Stato membro della Comunità europea, salvo che si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio dello Stato;
  • le cessioni di beni estratti da un deposito IVA con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità europea;
  • le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali, relative ai beni custoditi in un deposito IVA, anche se materialmente eseguite non nel deposito stesso, ma nei locali limitrofi sempre che, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non superiore a sessanta giorni;
  • il trasferimento di beni in altro deposito IVA.
Contabilità Fisco

Contabilità: Credito d’imposta 4.0: addio al super / iper ammortamento

Andrea La Martina / 3 Marzo 2020

Contabilità:  Credito d’imposta 4.0: addio al super / iper ammortamento

Al posto del super e iper ammortamento, con la legge di bilancio 2020 è stato introdotto il nuovo credito di imposta per l’industria 4.0, ma in cosa consiste? Scopriamolo assieme!

Credito d’imposta 4.0

Innanzitutto è bene ricordare che il credito d’imposta per l’industria 4.0 può essere richiesto da tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito.

Per poter usufruire di questa misura, le imprese in questione devono effettuare investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate, appunto, nel territorio dello Stato. Questo è possibile a partire dal 1° gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2020, ovvero entro il 30 giugno 2021, a patto che entro la data del 31 dicembre 2020 l’ordine venga accettato dal venditore e si paghi un acconto pari almeno al 20% del costo di acquisizione.

A tal proposito, inoltre, dovete sapere che sono oggetto di agevolazione gli investimenti in beni materiali nuovi;  strumentali all’esercizio d’impresa;

tenendo in considerazione le stesse eccezioni previste per il super e l’iper ammortamento.

In questi casi, ricordiamo, il credito d’imposta spetta nella misura del 6% del costo nel limite massimo di costi ammissibili pari a 2 milioni di euro. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, invece, si considera il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni ed  è riconosciuto un credito d’imposta in riferimento alle diverse tipologie di beni agevolabili. Per finire, per gli investimenti aventi a oggetto beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese in base al modello Industria 4.0, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 40% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;

del 20% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 10 milioni di euro. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, poi, si considera  il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni, mentre per gli investimenti aventi ad oggetto beni immateriali connessi ad investimenti in beni materiali, il credito d’imposta è pari al 15% del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a 700.000 euro.

Contabilità Fisco

CU, 730 e assistenza fiscale: slittano le scadenze nel 2020

Andrea La Martina / 3 Marzo 2020

Nuovo calendario per l’assistenza fiscale 2020 per effetto del coronavirus. E’ una delle disposizioni applicabili sull’intero territorio nazionale, contenute nel decreto legge n. 9/2020 recante misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori, imprese e turismo. Prorogato al 31 marzo il termine per la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate delle CU (le certificazioni uniche). Previste inoltre modifiche al calendario per la trasmissione del modello 730 precompilato, con l’aggiunta della nuova finestra del 30 settembre. Restano invece ferme le altre scadenze. In caso di trasmissione a settembre del prospetto di liquidazione, slitteranno conseguentemente i conguagli a debito o a credito.

Contabilità Fisco

Fisco – Omessa contabilizzazione: la responsabilità professionale del commercialista

Andrea La Martina / 19 Febbraio 2020

Fisco – Omessa contabilizzazione: la responsabilità professionale del commercialista

Omessa contabilizzazione e mancata dichiarazione dei ricavi, di chi è la responsabilità, del commercialista o della società? Vediamo quanto stabilito in merito dalla stessa Corte di Cassazione.

La responsabilità professionale del commercialista

La Corte di Cassazione esclude la responsabilità del commercialista per anomalie nella tenuta delle scritture contabili se la società non prova di aver consegnato i documenti.

Con l’Ordinanza del 12 dicembre 2019, la Corte di Cassazione ha infatti affermato che il commercialista non è responsabile per omessa contabilizzazione e mancata dichiarazione dei ricavi, nel caso in cui la società, condannata al pagamento delle sanzioni a seguito dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, non sia in grado di provare in giudizio di aver consegnato al professionista i documenti contabili.

Nel caso oggetto di discussione presso il Tribunale e la Corte d’Appello in secondo grado,i legali rappresentanti di una società e la società stessa sono stati condannati al pagamento della somma di euro 474 mila, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate in seguito ad un accertamento svolto dallo stesso ente.  I giudici hanno respinto la domanda degli amministratori e della società di risarcimento dei danni per responsabilità professionale del commercialista , in quanto quest’ultimo non avrebbe tenuto correttamente le scritture contabili e le relative registrazioni

La Corte di Cassazione ha però ha rigettato il ricorso in quanto i ricorrenti non sono stati in grado di dimostrare di aver consegnato la documentazione al commercialista. In secondo luogo non spetta al commercialista il compito di provare elementi utili per contestare gli addebiti dell’Agenzia delle Entrate. Per finire, i clienti avrebbero dovuto almeno  indicare il contenuto e l’ampiezza del mandato conferito. Detto tutto ciò, quindi, è facile intuire che il commercialista non è tenuto al risarcimento del danno nei confronti della società e degli amministratori per  omessa contabilizzazione dei documenti  per i venga fornita la prova della consegna.

Contabilità Fisco

Contabilità Fiscale – Busta paga dipendente: come fare la rilevazione contabile

Andrea La Martina / 19 Febbraio 2020

Contabilità  – Busta paga dipendente: come fare la rilevazione contabile

Ogni azienda, grande o piccola che sia, si ritrova ogni mese a fare i conti con la registrazione in partita doppia delle buste paga consegnate ai lavoratori dipendenti. Ma come funziona? Entriamo nei dettagli e scopriamolo assieme!

Rilevazione contabile della busta paga

La rilevazione contabile della busta paga comporta una movimentazione del conto economico, con una componente di reddito negativa, ovvero il costo del lavoro, ma anche i costi inerenti all’INPS, INAIL, IRPEF e agli eventuali assegni familiari e trattenute sindacali. Entriamo quindi nei dettagli e vediamo di seguito le scritture contabili relative alla retribuzione dei dipendenti. A tal proposito ricordiamo che le prime scritture devono essere fatte ogni mese una volta conclusa l’elaborazione degli stipendi mensili; mentre le seconde nel momento stesso in cui si effettua il pagamento.

Registrazione busta paga

  • Retribuzione mensile

Salari e stipendi                                     Dare

Dipendenti c/retribuzioni                       Avere

  • Inps carico dipendente

Dipendenti c/retribuzioni                      Dare

Enti prev. e assisten.                              Avere

  • Inps carico azienda

Contributi inps                                       Dare

Enti previdenziali e assistenziali           Avere

  • Trattenuta. Fiscale

Dipend. c/retribuzioni                            Dare

Erario c/rit.lav.dipendenti                      Avere

  • Assegni familiari            

Enti prev. e assistenziali                Dare

Dip. c/retribuzioni                          Avere

  • Trattenute sindacali      

Dip. c/retribuzioni                         Dare

Trattenute sindacali                        Avere

Registrazione pagamento busta paga

I conti appena evidenziati devono poi essere riaperti e chiusi effettuando altre registrazioni inerenti il momento  del pagamento dello stipendio, ma anche  del pagamento di INPS, IRPEF e trattenute previdenziali.

  • Pagamento retribuzione

Dipend. c/retribuzioni                   Dare

Banca e/o Cassa                             Avere

Pagamento dei contributi e dell’IRPEF con Modello F24

  • Pagamento INPS

Enti previdenziali e assistenziali   Dare

Banca c/c                                       Avere

  • Pagamento IRPEF

Erario c/lavoratori dipendenti        Dare

Banca  c/c                                      Avere

  • Pagamento delle trattenute sindacali:

Trattenute sindacali                        Dare

 Banca e/o cassa                             Avere

Contabilità Fisco

Contabilità Fiscale- Autoliquidazione premio Inail: come fare le scritture contabili

Andrea La Martina / 19 Febbraio 2020

Contabilità – Autoliquidazione premio Inail: come fare le scritture contabili

L’INAIL, Istituto Nazionale Assicurazioni infortuni sul Lavoro, gestisce l’assicurazione sia contro gli infortuni sul lavoro che sulle malattie professionali. Ma come si effettua la registrazione contabile delle operazioni con l’Inail? Entriamo nei dettagli e scopriamolo assieme!

Autoliquidazione premio Inail

Come ben saprete, il premio assicurativo è interamente a carico del datore di lavoro e deve essere calcolato con le modalità dell’autoliquidazione di un acconto e di un saldo. Le aziende, quindi, devono provvedere ogni anno al calcolo dell’autoliquidazione e alla relativa registrazione contabile.

In tal senso bisogna ricordare che il calcolo dell’importo del premio INAIL dipende dal rischio specifico che grava sulle singole attività lavorative e pertanto fa riferimento ad apposite tariffe che indicano i tassi di premio da applicare sulle retribuzioni lorde dei dipendenti.

Nel corso del primo esercizio di attività dell’impresa, il premio Inail viene determinato in base alle retribuzioni presunte. Negli esercizi successivi di attività dell’impresa, l’azienda deve provvedere entro il 16 febbraio ad una autoliquidazione del premio anticipato per l’anno in corso, applicando il tasso di premio sulle retribuzioni erogate nell’anno precedente. Deve inoltre provvedere alla determinazione del conguaglio inerente l’anno precedente in base alle retribuzioni effettivamente corrisposte.

A proposito del conguaglio relativo al precedente anno, essendo versato il 16 febbraio, ma di competenza dell’esercizio precedente, bisogna fare una scrittura di assestamento al 31/12 in modo tale da imputare il relativo costo di competenza. Il conguaglio, inoltre, può risultare a credito, qualora l’acconto versato risulti superiore all’importo effettivamente dovuto.

Il versamento dei premi deve essere effettuato con modello F24 in un’unica soluzione il 16/2 o in quattro rate con scadenze 16 febbraio, 16 maggio, 16 agosto e 16 novembre, con maggiorazioni dovuti agli interessi.

Soffermandoci sulle scritture contabili, quindi, bisogna procedere nel seguente modo:

  • 16/2/n1 si calcolare e registrare un acconto di premio sulle retribuzioni dell’anno precedente.
  • 31/12/n1 si deve calcolare e registrare il premio INAIL di competenza calcolato sulle retribuzioni effettive dell’anno n1.
  • 16/2/n2 si provvede al versamento del conguaglio dell’anno n1 e l’acconto dell’anno n2.

INAIL a debito

Entriamo quindi nei dettagli e vediamo in pratica come effettuare le scritture contabili in presenza di una situazione di INAIL a debito.

  • 16/2/n1 pagamento dell’acconto del premio INAIL

         Inail c/acconto   Dare

         Banca c/c           Avere

  • 31/12/n1 scritture di assestamento, provvedendo al calcolo del premio Inail definitivo di competenza dell’anno n1

         Oneri sociali Inail       Dare

         Inail c/contributi         Avere

         Inail c/acconto            Avere

  • 16/2/n2 saldo del premio Inail dell’anno n1 e acconto per anno n2

         Inail c/contributi         Dare

         Inail c/acconto            Dare

         Banca c/c                    Avere

INAIL a credito

Per finire, entriamo nei dettagli e vediamo in pratica come effettuare le scritture contabili in presenza di una situazione di INAIL a credito

  • 16/2/n1 pagamento dell’acconto del premio INAIL

Inail c/acconto   Dare

         Banca c/c            Avere

  • 31/12/n1 scritture di assestamento, calcolo del premio Inail definitivo di competenza dell’anno n1

         Oneri sociali Inail                Dare

         Inail c/contributi                   Dare

         Inail c/acconto                      Avere

  • 16/2/n2 saldo del premio Inail dell’anno n1 e acconto n2

          Inail c/acconto                     Dare

          Inail c/contributi                 Avere

          Banca c/c                             Avere

Contabilità Fisco

Contabilità Fiscale – Fattura elettronica: operazioni con l’estero ed elenchi INTRA

Andrea La Martina / 19 Febbraio 2020

Contabilità Fiscale – Fattura elettronica: operazioni con l’estero ed elenchi INTRA

Tra le principali novità del 2019, in molti continuano ad avere ancora oggi dubbi in merito al funzionamento della fattura elettronica. Proprio per questo motivo nel mese di luglio l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul proprio sito più di 80 FAQ su tale argomento e alcune domande riguardavano le operazioni con l’estero, per le quali, ricordiamo, l’emissione della fattura in formato elettronica è facoltativa ed evita la comunicazione del cosiddetto esterometro.

Fatturazione elettronica ed operazioni con l’estero

Grazie alla FAQ numero 77, è stato chiesto all’Agenzia delle Entrate se per le operazioni verso soggetti comunitari l’emissione facoltativa della fattura elettronica e l’invio allo SdI con codice destinatario 7 volte X, oltre ad evitare l’indicazione dei dati dell’operazione nell’esterometro, porti anche ad ottenere l’esonero dell’indicazione di tale operazione negli elenchi Intrastat.

Ebbene, la risposta dell’Agenzia delle Entrate è stata negativa. Come chiarito dalla stessa amministrazione, infatti, scegliere di trasmettere  la fattura elettronica con il codice destinatario XXXXXXX consente di evitare l’invio, per quella fattura, della comunicazione “esterometro” ma non l’invio dei modelli INTRA. Restano comunque in valide le semplificazioni previste dalle disposizioni del provvedimento del 25 settembre 2017 sui modelli INTRA2.

Con la FAQ 121, invece, è stato chiesto come operare in caso di cessione di beni verso paesi dell’UE. La società che ha posto il quesito, infatti, trasmette già il modello INTRA2 e ha chiesto se in tale circostanza è esonerata dal trasmettere allo SDI la fattura di cessione intra. Anche in questo caso la risposta dell’Agenzia delle Entrate è stata negativa. La società, infatti, deve provvedere all’invio della comunicazione dei dati delle fatture transfrontaliere o la fattura elettronica con XXXXXXX in corrispondenza del Codice destinatario.

Per finire, attraverso la FAQ 122 si sono chiariti i dubbi in merito agli acquisti intracomunitari di una società che effettua l’integrazione delle fatture ricevute, le contabilizza con il metodo del reverse charge e provveda poi a trasmettere all’amministrazione il modello INTRA1.Come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate, in questo caso i dati delle fatture d’acquisto intracomunitari e devono essere trasmessi attraverso la comunicazione dati fattura transfrontaliere, ovvero il cosiddetto esterometro.

Contabilità Fisco

FISCO – ISA: ecco le cause di esclusione

Andrea La Martina / 19 Febbraio 2020

FISCO – ISA: ecco le cause di esclusione

Grazie alla circolare numero 20 del 9 settembre 2019, l’Agenzia Delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in merito a quelle che sono le cause di esclusione dagli ISA.

In particolare, dovete sapere che l’esclusione ISA vige per l’anno di inizio attività, mentre dall’anno successivo l’esclusione richiede altre motivazioni. Ecco quindi di seguito i casi ammessi nell’interpello Agenzia delle Entrate.

Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Di regola, ai fini dell’esonero dall’applicazione degli ISA, l’inizio attività è quello in cui l’impresa comunica all’amministrazione finanziaria la relativa dichiarazione. Tuttavia è possibile non applicare gli indici di affidabilità fiscale anche negli anni successivi, a patto che vi siano validi motivi, ovvero la società si trovi in un periodo di “non normale svolgimento dell’attività”.

Chiarimenti in merito sono stati forniti dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello 479/2019. Nel caso in questione, una società ha aperto l’attività nel dicembre 2017, presentando la richiesta di attribuzione partita IVA, e in seguito, nel gennaio 2018 ha effettuato l’iscrizione nel registro imprese, iniziando quindi  l’attività nello stesso mese. Ebbene, gli ISA non si applicano nel periodo di imposta nel quale il contribuente ha iniziato l’attività oppure non si trova in un periodo di normale svolgimento della stessa.

Nel campo “Anno d’inizio attività” deve essere inserito ’anno in cui è stata effettuata “la relativa dichiarazione di inizio dell’attività all’Amministrazione Finanziaria“. Nel caso in esame, tale comunicazione è stata presentata nel dicembre del 2017 e pertanto l’esclusione dagli ISA per inizio attività concerne il 2017.

Se la società desidera applicare l’esclusione anche nell’anno successivo, allora deve trovarsi in uno dei casi di esclusione. Vediamo assieme di quali si tratta.

Cause esclusione ISA

Tra le cause che portano all’esclusione ISA si annoverano:

  • periodo in cui l’impresa non ha ancora iniziato l’attività produttiva prevista dall’oggetto sociale, ad esempio perché la costruzione dell’impianto da utilizzare si è protratta oltre il primo periodo d’imposta, per cause indipendenti dalla volontà dell’imprenditore;
  • non sono state rilasciate le autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento dell’attività;
  • si svolge esclusivamente un’attività di ricerca propedeutica allo svolgimento dell’attività produttiva di beni e servizi, a patto che l’attività di ricerca non permetta la produzione di beni e servizi e quindi la realizzazione di proventi.

In particolare, soffermandoci su società cooperative a mutualità prevalente, vi interesserà sapere che in base al DM di approvazione degli ISA del 23 marzo e 28 dicembre 2018 è prevista l’esclusione degli ISA se fanno riferimento alle cooperative di imprese ed a quelle di utenti che non operano per conto terzi e che non seguono le ordinarie regole di mercato, oppure operano in presenza di attività svolte esclusivamente a favore dei soci o associati e degli utenti. Per quanto concerne, invece, le società cooperative a mutualità prevalente, ma non esclusiva, non è prevista nessuna causa di esclusione.

Nel caso in cui un’azienda dia in affitto l’unica azienda per un lasso di tempo più o meno lungo, si configura una situazione di non normale svolgimento dell’attività in tutti i periodi d’imposta in cui l’azienda rimane in affitto. Durante questo periodo, quindi, non vengono applicati gli ISA.

Tra le altre casistiche da considerare, vi è quella della cessazione dell’attività prevalente. Ebbene, la modifica in corso d’anno dell’attività esercitata viene considerata causa di esclusione dall’applicazione degli ISA soltanto se le due attività, quella prevalente cessata e quella che continua ad essere esercitata, non sono contraddistinte da codici attività compresi nello stesso ISA.

Per finire, ricordiamo che non vengono applicati gli ISA nei confronti dei contribuenti che si avvalgono del regime forfettario agevolato, ovvero del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e che determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfetari.

Contabilità Fisco

FISCO – Le lezioni di scuola guida? Non sono esenti Iva

Andrea La Martina / 19 Febbraio 2020

FISCO – Le lezioni di scuola guida? Non sono esenti Iva

Importanti novità quelle che emergono da una sentenza del 14 marzo 2019 della Corte di giustizia UE, grazie alla quale è stata stabilita la non equivalenza delle lezioni di guida con l’insegnamento scolastico o universitario.

Le lezioni di scuola guida non sono esenti Iva

Così come si evince dalla sentenza del 14 marzo 2019 della Corte di giustizia UE, l’esenzione riguarda solo l’insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale e le lezioni impartite da insegnanti a titolo personale Non sono esenti Iva, invece, le fatture per le lezioni automobilistiche impartite dalla scuola guida. Questo, in pratica, è il contenuto della risoluzione n. 79/E del 2 settembre 2019.

La Corte di giustizia Ue si è pronunciata sulla corretta interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, della Direttiva Ce del 28 novembre 2006, n. 112 inerente alle esenzioni in materia di Iva. In particolare è stato stabilito che tale esenzione riguarda le “operazioni relative all’educazione dell’infanzia e della gioventù, all’insegnamento scolastico e universitario, nonché le operazioni relative alla formazione e alla riqualificazione professionale, comprese le lezioni private, impartite da insegnanti”. È quindi facile dedurre che l’esenzione Iva non si applica alle lezioni di scuola guida, in quanto si tratta di una forma di insegnamento che non rientra in quelle di ambito scolastico oppure universitario.

A tal proposito ricordiamo che l’Agenzia delle entrate fa presente che l’articolo 132, paragrafo 1 della Direttiva Ce del 28 novembre 2006 individua tra le operazioni che gli Stati membri esentano dall’Iva:

  • “l’educazione dell’infanzia o della gioventù, l’insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale, nonché le prestazioni di servizi e le cessioni di beni con essi strettamente connesse, effettuate da enti di diritto pubblico aventi lo stesso scopo o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi finalità simili”
  • “le lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all’insegnamento scolastico e universitario”.

Secondo i giudici unionali, quindi, l’insegnamento della guida automobilistica, pur riguardando diverse conoscenze di ordine pratico e teorico, non è equivalente alla nozione di “insegnamento scolastico o universitario”, pertanto non è esente Iva.

Contabilità Fisco

FISCO – Dichiarazione dei redditi: come calcolare l’acconto IRPEF e addizionali

Andrea La Martina / 19 Febbraio 2020

FISCO – Dichiarazione dei redditi: come calcolare l’acconto IRPEF e addizionali

Entro il 2 dicembre avete sicuramente provveduto a versare gli acconti Irpef e addizionali. Ma vi siete mai chiesti come vengono calcolati? Bene, oggi lo vedremo assieme.

Acconto IRPEF e addizionali

Entro i termini previsti per il saldo, i contribuenti sono tenuti a versare anche la prima rata dell’acconto Irpef, Ires e Irap. La seconda rata viene poi versata a novembre. Per determinare l’acconto è possibile utilizzare due metodi:

  • metodo storico. L’acconto è determinato in base all’importo evidenziato al rigo: “Differenza” o “Ires dovuta o differenza a favore del contribuente” del quadro RN del modello Redditi; “Totale imposta” del quadro IR del modello IRAP.
  • metodo previsionale. L’acconto è determinato sulla base di una stima del reddito che si presume di conseguire nel corso dell’anno. Questo avviene in genere quando si pensa di conseguire un reddito inferiore rispetto a quello realizzato nell’anno precedente.. L’utilizzo di questo metodo deve essere comunque utilizzato con particolare attenzione in quanto, nel caso in cui la previsione risultasse errata, verrà applicata una sanzione per insufficiente versamento, pari al 30%, fermo restando la possibilità di regolarizzare spontaneamente il versamento attraverso l’istituto del ravvedimento operoso.
  •  

Con l’utilizzo del metodo storico, l’ammontare dell’acconto Irpef deve essere pari al 100% dell’importo esposto nel rigo RN 34 – rigo differenza – del modello Redditi PF. Il versamento deve essere effettuato in un’unica soluzione, oppure in due rate.

L’ammontare dell’acconto deve essere riportato anche nel quadro “Acconto” del modello Redditi Persone Fisiche.

In particolare ricordiamo che in caso di utilizzo del metodo previsionale, nel rigo RN 62 deve essere comunque indicato l’acconto dovuto applicando il metodo storico, e non i minori importi versati o che si intendono versare. L’acconto dell’Addizionale Comunale all’Irpef, quindi, si calcola come differenza tra il 30% dell’ammontare complessivo dell’addizionale prevista dal comune ove risiede il contribuente e quanto eventualmente trattenuto dal datore di lavoro/ente pensionistico a titolo di acconto, così come risulta al rigo RC10 campo 5.

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